Gramsci,  testi

Uscire dal fosso e buttare via il rospo dal cuore

Ieri un amico mi ha sottoposto una citazione da questa lettera. Non la ricordavo, né subito l’ho letta tutta. Ma era quello di cui avevo bisogno. Forse dovrei rileggerla ogni ora del giorno, oggi.

27 giugno 1932

Carissima Iulca,
ho ricevuto i tuoi foglietti, datati da mesi e giorni diversi. Le tue lettere mi hanno fatto ricordare una novellina di uno scrittore francese poco noto, Lucien Jean, credo, che era un piccolo impiegato in una amministrazione municipale di Parigi. La novella si intitolava Un uomo in un fosso. Cerco di ricordarmela. – Un uomo aveva fortemente vissuto, una sera: forse aveva bevuto troppo, forse la vista continua di belle donne lo aveva un po’ allucinato. Uscito dal ritrovo, dopo aver camminato un po’ a zig-zag per la strada, cadde in un fosso. Era molto buio, il corpo gli si incastrò tra rupi e cespugli; era un po’ spaventato e non si mosse, per timore di precipitare ancora piຠin fondo. I cespugli si ricomposero su di lui, i lumaconi gli strisciarono addosso inargentandolo (forse un rospo gli si posò sul cuore, per sentirne il palpito, e in realtà  perché lo considerava ancor vivo). Passarono le ore; si avvicinò il mattino e i primi bagliori dell’alba, incominciò a passar gente. L’uomo si mise a gridare aiuto. Si avvicinò un signore occhialuto; era uno scienziato che ritornava a casa, dopo aver lavorato nel suo gabinetto sperimentale. Che c’è? domandò. – Vorrei uscire dal fosso, rispose l’uomo. – Ah, ah! vorresti uscire dal fosso! E che ne sai tu della volontà , del libero arbitrio, del servo arbitrio! Vorresti, vorresti! Sempre cosà­ l’ignoranza. Tu sai una cosa sola: che stavi in piedi per le leggi della statica, e sei caduto per le leggi della cinematica. Che ignoranza, che ignoranza! – E si allontanò scrollando la testa tutto sdegnato. – Si sentà­ altri passi. Nuove invocazioni dell’uomo. Si avvicina un contadino, che portava al guinzaglio un maiale da vendere, e fumava la pipa: Ah! ah! sei caduto nel fosso, eh! Ti sei ubbriacato, ti sei divertito e sei caduto nel fosso. E perché non sei andato a dormire, come ho fatto io? – E si allontanò, col passo ritmato dal grugnito del maiale. – E poi passò un artista, che gemette perché l’uomo voleva uscire dal fosso: era cosà­ bello, tutto argentato dai lumaconi, con un nimbo di erbe e fiori selvatici sotto il capo, era cosà­ patetico! – E passò un ministro di dio, che si mise a imprecare contro la depravazione della città  che si divertiva o dormiva mentre un fratello era caduto nel fosso, si esaltò e corse via per fare una terribile predica alla prossima messa. – Cosà­ l’uomo rimaneva nel fosso, finché non si guardò intorno, vide con esattezza dove era caduto, si divincolò, si inarcò, fece leva con le braccia e le gambe, si rizzò in piedi, e uscà­ dal fosso con le sole sue forze. – Non so se ti ho dato il gusto della novella, e se essa sia molto appropriata. Ma almeno in parte credo di sà­: tu stessa mi scrivi che non dai ragione a nessuno dei due medici che hai consultato recentemente, e che se finora lasciavi decidere agli altri ora vuoi essere piຠforte. Non credo che ci sia neanche un po’ di disperazione in questi sentimenti: credo che siano molto assennati. Occorre bruciare tutto il passato, e ricostruire tutta una vita nuova: non bisogna lasciarci schiacciare dalla vita vissuta finora, o almeno bisogna conservarne solo ciò che fu costruttivo e anche bello. Bisogna uscire dal fosso e buttar via il rospo dal cuore. Cara Iulca, ti abbraccio teneramente.
Antonio

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