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in realtà… c’è già tutto.

Mi sono fermata un attimo a guardare il mio tumblr. e vedo che c’è già tutto.

la foto dell’estate. la foto dell’autunno. la solitudine, la confusione, l’incapacità di scegliere, affrontare, la voglia di farlo, le situazioni strette, la rabbia, l’amarezza, il fallimento, il ricostruirsi, risorgere da quel pugnetto di cenere che ti han fatta… per poi ritrovarsi ferita, con un’altra passione talmente profumata che stordisce e tu ti ferisci le mani, perché non sapevi che aveva le spine.

I sogni. I bisogni. una realtà che non c’è, esiste, si sa per certo, in un altro luogo, altrove. lontano. nello spazio o forse solo nel tempo.

Da qui a primavera tante cose possono cambiare. io le posso cambiare. su questo sto lavorando. se alzare ‘sto culo e andarmene per la mia via, o rimanere a vivere la vita di questo automa singhiozzante che regala un po’ di bagliore dagli occhi solo quando parla dell’oriente, della corea, della speranza.

è ora di vedere se la speranza è reale. è ora anche di smetterla di rimanere attaccata ad una cosa tanto sciocca come il coreostronzo. ma il coreostronzo è, come quello che rappresenta (lontano altrove e nel tempo) un alibi per non vivere adesso, qui. E però… qui è la vita e le lacrime son vere. il coreostronzo è un qualcosa di indefinito, desiderato, sperato, che è poi si è mostrato falso.

Vorrei capire profondamente quanto tutto quel qualunquismo, quegli unici tre pregi: essere coreano, parlare spagnolo, vivere a due ore d’aereo, non siano niente. vorrei capire meglio, essere persuasa dal fatto che il niente, anche se ci costruisci i sogni sopra, rimane il niente.

Qualcosa è invece quello che costruisci, ogni giorno, col sudore alle tempie. E non si chiama lavoro o quello che tutti si ostinano a dirmi “eh beh però di ‘sti tempi”. Di sti tempi anche un cazzo. certo. è comodo. ma io il coraggio devo mettercelo, fino in fondo, l’ho sempre fatto, anche quando mi è stato detto che “io scappo” solo perché non volevo più stare ai giochi sporchi e illegali di un barone universitario. Il coraggio, altri la chiamano stupidità perché mi è stato rubato il lavoro, altri capiscono come ci si sente, altri non capiranno mai perché non gliene frega un cazzo. ma ci va coraggio, a prendere le decisioni giuste.

Ho troppo schifo per le cose vere che mi son capitate per affrontarle. Ho troppo dolore per chi ho perso. Il coreostronzo o chi per lui è un giocattolino che mi impegna in sbalzi d’umore e un po’ mi sfoga, per non affrontare tutta la rabbia e il disprezzo che covo dentro, che mi mangerebbe viva. E gli idol coreani e gli ormoni, tutte balle, tante balle.

Ma dall’abitudine, che diventa familiare e intima, si sviluppano curiosità, non riesco a stare ferma e così nasce questo bel fiore, che forse sboccerà a primavera o in estate, non so ancora. E voglio non tornare sui miei passi, voglio, dopo 12 anni, riprendermi la vita. è tanto sbagliato? non credo.

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