Corea,  Politica

Il Berlusconi… coreano

Abbiamo letto sulle prime pagine dei giornali e delle riviste di tutto il mondo titoloni sull’italianissimo simbolo Silvio Berlusconi. Ci siamo vergognati, sempre più, per oltre 15 anni. All’inizio abbiamo posto la questione del conflitto d’interessi, ma dopo qualche anno di beneplacito della sinistra parlamentare, abbiamo rimosso quella questione fondamentale: il monopolio dell’informazione e siamo passati dal “metodo” al contenuto, vale a dire i suoi processi dal falso in bilancio alla corruzione fino alla collusione mafiosa. Ma dall’ultimo governo, quando a far da ministre abbiamo dovuto sottostare all’ingombrante presenza di più o meno capaci ballerine vicino ai nani, tutta la nostra attenzione si è focalizzata sul viagra che necessitava l’italiano medio con due soldi, il signor Berlusconi, per cenare.
Ci siamo vergognati fino all’ultimo giorno, quando poteri finanziari che hanno nome e cognome, ma chissà chi rappresentano, se lo son levati dai coglioni, sabato 12 novembre 2011.
C’è gente che ha stappato bottiglie, brindato, pizzato, urlato come “campioni del mondo” (in cosa è necessario dirlo?), parlato addirittura di Liberazione, il “nuovo 25 aprile”, dimenticando che a liberare l’Italia è sì stata in parte una superpotenza capitalista che intendeva fare di questo malridotto stivale la dépendance mediterranea attraverso i tentacoli della mafia e l’avallo delle istituzioni e dei ranghi religiosi cattolici, però nel 1945 a liberare buona parte della penisola uomini e donne hanno sacrificato la propria vita, incontrato la morte, lavorato e combattuto per anni. Ecco, mi sembra che questo, nel 2011 non sia accaduto e a sentire dei paragoni del genere a me si accappona la pelle e mi viene il vomito.
Non riesco a gioire di un Berlusconi che ha perso il suo potere quando ovunque nelle istituzioni pubbliche come nel privato abbiamo milioni di piccoli berluschini. Dai baroni universitari che ondeggiano di viola e si dicono comunistissimi gramsciani e poi dedicano la propria carriera e potere a tenersi stretti le proprie “Carfagne dei poveri” (o forse sarebbe meglio dire “Ruby dei poveri” per non tradire il livello culturale delle fregne che occupano, che so… posti di dottorati con borsa), fino ai capi e capetti che costringono le “segretarie” a smollarla ai potenziali clienti per ottenere un contratto.
Milioni di storie simili, una vergogna tutta nazionale, peccato non festeggiarla per i 150 anni dall’Unità.
Ma non inizio a parlare della situazione delle donne in Italia è complessa, tragica, dolorosa che ti si gela il sangue, nella disattenzione o noncuranza generale.
Arriviamo al titolo… da un po’ di tempo, come avrete notato, mi interesso un po’ della Corea del Sud (mi interesserei anche di quella del Nord, ma arrivano poche notizie e mai tanto buone…).
Da tempo corrispondo con amiche e amici coreani (molti di Seoul, altri del sud, tra Pusan e Taegu) ed è impressionante, parlando con loro, quanto abbiano in comune il nostro Silvio Berlusconi e il clone asiatico Lee Myung-bak.
Chi è quest’uomo? beh, innanzitutto è il presidente della Corea, per anni è stato tra i più alti dirigenti e poi presidente della Hyundai (leggi Hyundae: 현대), ha investito nel settore immobiliare la sua paghetta durante gli anni di maggior sviluppo urbanistico della Corea e dopo essere stato sindaco della capitale coreana arriva sul trono presidenziale nel febbraio del 2008, non senza essere toccato da alcune indagini di malversazione per il caso BBK (azienda coreana di elettronica).
Il Berlusconi sudcoreano (distinguo perché i paralleli potrebbero continuare anche per il nord) ha in mano buona parte dell’informazione, ma ci sono segni di risveglio della cittadinanza e dei giovani rispetto ai canali mainstream fortemente conservatori controllati dal governo sudcoreano. Tra questi vale la pena di nominare 《나는 꼼수다》 Naneun Ggomsuda (traducibile in “Io il furbetto/meschino” con un palese riferimento a sua maestà Lee Myung-bak), un programma radiofonico in podcast che sta riscuotendo un successo enorme perché voce libera nella piattezza informativa della voce sola governativa e per questo motivo in serio pericolo di essere chiuso da un momento all’altro.
Maggiori informazioni si possono trovare in inglese in un articolo dedicato alla satira e alla controinformazione sudcoreana dal New York Times o in una chiacchierata tra amiciAbbiamo letto sulle prime pagine dei giornali e delle riviste di tutto il mondo titoloni sull’italianissimo simbolo Silvio Berlusconi. Ci siamo vergognati, sempre più, per oltre 15 anni. All’inizio abbiamo posto la questione del conflitto d’interessi, ma dopo qualche anno di beneplacito della sinistra parlamentare, abbiamo rimosso quella questione fondamentale: il monopolio dell’informazione e siamo passati dal “metodo” al contenuto, vale a dire i suoi processi dal falso in bilancio alla corruzione fino alla collusione mafiosa. Ma dall’ultimo governo, quando a far da ministre abbiamo dovuto sottostare all’ingombrante presenza di più o meno capaci ballerine vicino ai nani, tutta la nostra attenzione si è focalizzata sul viagra che necessitava l’italiano medio con due soldi, il signor Berlusconi, per cenare.
Ci siamo vergognati fino all’ultimo giorno, quando poteri finanziari che hanno nome e cognome, ma chissà chi rappresentano, se lo son levati dai coglioni, sabato 12 novembre 2011.
C’è gente che ha stappato bottiglie, brindato, pizzato, urlato come “campioni del mondo” (in cosa è necessario dirlo?), parlato addirittura di Liberazione, il “nuovo 25 aprile”, dimenticando che a liberare l’Italia è sì stata in parte una superpotenza capitalista che intendeva fare di questo malridotto stivale la dépendance mediterranea attraverso i tentacoli della mafia e l’avallo delle istituzioni e dei ranghi religiosi cattolici, però nel 1945 a liberare buona parte della penisola uomini e donne hanno sacrificato la propria vita, incontrato la morte, lavorato e combattuto per anni. Ecco, mi sembra che questo, nel 2011 non sia accaduto e a sentire dei paragoni del genere a me si accappona la pelle e mi viene il vomito.
Non riesco a gioire di un Berlusconi che ha perso il suo potere quando ovunque nelle istituzioni pubbliche come nel privato abbiamo milioni di piccoli berluschini. Dai baroni universitari che ondeggiano di viola e si dicono comunistissimi gramsciani e poi dedicano la propria carriera e potere a tenersi stretti le proprie “Carfagne dei poveri” (o forse sarebbe meglio dire “Ruby dei poveri” per non tradire il livello culturale delle fregne che occupano, che so… posti di dottorati con borsa), fino ai capi e capetti che costringono le “segretarie” a smollarla ai potenziali clienti per ottenere un contratto.
Milioni di storie simili, una vergogna tutta nazionale, peccato non festeggiarla per i 150 anni dall’Unità.
Ma non inizio a parlare della situazione delle donne in Italia è complessa, tragica, dolorosa che ti si gela il sangue, nella disattenzione o noncuranza generale.
Arriviamo al titolo… da un po’ di tempo, come avrete notato, mi interesso un po’ della Corea del Sud (mi interesserei anche di quella del Nord, ma arrivano poche notizie e mai tanto buone…).
Da tempo corrispondo con amiche e amici coreani (molti di Seoul, altri del sud, tra Pusan e Taegu) ed è impressionante, parlando con loro, quanto abbiano in comune il nostro Silvio Berlusconi e il clone asiatico Lee Myung-bak.
Chi è quest’uomo? beh, innanzitutto è il presidente della Corea, per anni è stato tra i più alti dirigenti e poi presidente della Hyundai (leggi Hyundae: 현대), ha investito nel settore immobiliare la sua paghetta durante gli anni di maggior sviluppo urbanistico della Corea e dopo essere stato sindaco della capitale coreana arriva sul trono presidenziale nel febbraio del 2008, non senza essere toccato da alcune indagini di malversazione per il caso BBK (azienda coreana di elettronica).
Il Berlusconi sudcoreano (distinguo perché i paralleli potrebbero continuare anche per il nord) ha in mano buona parte dell’informazione, ma ci sono segni di risveglio della cittadinanza e dei giovani rispetto ai canali mainstream fortemente conservatori controllati dal governo sudcoreano. Tra questi vale la pena di nominare 《나는 꼼수다》 Naneun Ggomsuda (traducibile in “Io il furbetto/meschino” con un palese riferimento a sua maestà Lee Myung-bak), un programma radiofonico in podcast che sta riscuotendo un successo enorme perché voce libera nella piattezza informativa della voce sola governativa e per questo motivo in serio pericolo di essere chiuso da un momento all’altro.
Maggiori informazioni si possono trovare in inglese in un articolo dedicato alla satira e alla controinformazione sudcoreana dal New York Times o in una chiacchierata tra amiciAbbiamo letto sulle prime pagine dei giornali e delle riviste di tutto il mondo titoloni sull’italianissimo simbolo Silvio Berlusconi. Ci siamo vergognati, sempre più, per oltre 15 anni. All’inizio abbiamo posto la questione del conflitto d’interessi, ma dopo qualche anno di beneplacito della sinistra parlamentare, abbiamo rimosso quella questione fondamentale: il monopolio dell’informazione e siamo passati dal “metodo” al contenuto, vale a dire i suoi processi dal falso in bilancio alla corruzione fino alla collusione mafiosa. Ma dall’ultimo governo, quando a far da ministre abbiamo dovuto sottostare all’ingombrante presenza di più o meno capaci ballerine vicino ai nani, tutta la nostra attenzione si è focalizzata sul viagra che necessitava l’italiano medio con due soldi, il signor Berlusconi, per cenare.
Ci siamo vergognati fino all’ultimo giorno, quando poteri finanziari che hanno nome e cognome, ma chissà chi rappresentano, se lo son levati dai coglioni, sabato 12 novembre 2011.
C’è gente che ha stappato bottiglie, brindato, pizzato, urlato come “campioni del mondo” (in cosa è necessario dirlo?), parlato addirittura di Liberazione, il “nuovo 25 aprile”, dimenticando che a liberare l’Italia è sì stata in parte una superpotenza capitalista che intendeva fare di questo malridotto stivale la dépendance mediterranea attraverso i tentacoli della mafia e l’avallo delle istituzioni e dei ranghi religiosi cattolici, però nel 1945 a liberare buona parte della penisola uomini e donne hanno sacrificato la propria vita, incontrato la morte, lavorato e combattuto per anni. Ecco, mi sembra che questo, nel 2011 non sia accaduto e a sentire dei paragoni del genere a me si accappona la pelle e mi viene il vomito.
Non riesco a gioire di un Berlusconi che ha perso il suo potere quando ovunque nelle istituzioni pubbliche come nel privato abbiamo milioni di piccoli berluschini. Dai baroni universitari che ondeggiano di viola e si dicono comunistissimi gramsciani e poi dedicano la propria carriera e potere a tenersi stretti le proprie “Carfagne dei poveri” (o forse sarebbe meglio dire “Ruby dei poveri” per non tradire il livello culturale delle fregne che occupano, che so… posti di dottorati con borsa), fino ai capi e capetti che costringono le “segretarie” a smollarla ai potenziali clienti per ottenere un contratto.
Milioni di storie simili, una vergogna tutta nazionale, peccato non festeggiarla per i 150 anni dall’Unità.
Ma non inizio a parlare della situazione delle donne in Italia è complessa, tragica, dolorosa che ti si gela il sangue, nella disattenzione o noncuranza generale.
Arriviamo al titolo… da un po’ di tempo, come avrete notato, mi interesso un po’ della Corea del Sud (mi interesserei anche di quella del Nord, ma arrivano poche notizie e mai tanto buone…).
Da tempo corrispondo con amiche e amici coreani (molti di Seoul, altri del sud, tra Pusan e Taegu) ed è impressionante, parlando con loro, quanto abbiano in comune il nostro Silvio Berlusconi e il clone asiatico Lee Myung-bak.
Chi è quest’uomo? beh, innanzitutto è il presidente della Corea, per anni è stato tra i più alti dirigenti e poi presidente della Hyundai (leggi Hyundae: 현대), ha investito nel settore immobiliare la sua paghetta durante gli anni di maggior sviluppo urbanistico della Corea e dopo essere stato sindaco della capitale coreana arriva sul trono presidenziale nel febbraio del 2008, non senza essere toccato da alcune indagini di malversazione per il caso BBK (azienda coreana di elettronica).
Il Berlusconi sudcoreano (distinguo perché i paralleli potrebbero continuare anche per il nord) ha in mano buona parte dell’informazione, ma ci sono segni di risveglio della cittadinanza e dei giovani rispetto ai canali mainstream fortemente conservatori controllati dal governo sudcoreano. Tra questi vale la pena di nominare 《나는 꼼수다》 Naneun Ggomsuda (traducibile in “Io il furbetto/meschino” con un palese riferimento a sua maestà Lee Myung-bak), un programma radiofonico in podcast che sta riscuotendo un successo enorme perché voce libera nella piattezza informativa della voce sola governativa e per questo motivo in serio pericolo di essere chiuso da un momento all’altro.
Maggiori informazioni si possono trovare in inglese in un articolo dedicato alla satira e alla controinformazione sudcoreana dal New York Times o in una chiacchierata tra amici

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